
Thaddaeus Ropac Milano apre al pubblico sabato 20 settembre 2025 con una mostra inaugurale dedicata alle opere di Georg Baselitz e Lucio Fontana, ripercorrendo il profondo e duraturo interesse dell’artista tedesco per il lavoro del maestro italo-argentino. L’esposizione si intitola L’aurora viene e pone in dialogo i due artisti in una bipersonale che presenta dipinti e sculture realizzati da Baselitz nell’ultimo decennio accanto a lavori di Fontana datati dagli anni Trenta agli anni Sessanta. Tra questi, un nucleo rilevante di opere è stato concesso in prestito dalla Fondazione Lucio Fontana. Sebbene i due artisti non si siano mai incontrati, Fontana ha esercitato un ruolo fondamentale nel lavoro di Baselitz che ancora oggi ha uno studio in Italia. Fontana ha vissuto e lavorato per gran parte della sua vita a Milano, e proprio qui, nel 1931, ha esposto per la prima volta le sue opere. La selezione di opere di Georg Baselitz presentata in mostra include una nuova scultura monumentale in bronzo insieme a una recente serie di dipinti caratterizzati da composizioni dai centri vuoti e non illuminati, o da figure sospese che sembrano emergere da fondali oscuri. Questi lavori rievocano l’esplorazione di Fontana su ciò che si estende oltre la superficie della tela, offrendo un’affinità poetica e concettuale tra i due artisti. A dimostrazione dello sviluppo e dell’evoluzione di questa esplorazione condotta da Fontana attraverso la sua opera, i lavori esposti includono sculture "barocche" databili dal 1937 sino agli anni Cinquanta, così come una selezione di Concetti spaziali e alcune Attese realizzate a partire dagli anni Sessanta, accanto a esempi significativi delle serie Gessi (1954-1958) e Inchiostri (1956-1959) e a una rara ed eccezionale Fine di Dio (1963-1964). I nuovi spazi della galleria milanese presso Palazzo Belgioioso, progettato da Giuseppe Piermarini nel 1772, si prestano a diventare il contesto ideale per ospitare un confronto intellettuale tra l’opera di Baselitz e Fontana, che si disvela attraverso tematiche comuni quali la concezione dello spazio, del linguaggio, dell’oggetto e del corpo, e, soprattutto, la ricerca sull’origine delle forme artistiche e dell’universo. "L’interpretazione non è di nessuna utilità per un artista - spiega Baselitz -. Alla mia età, si tratta più che altro di un confronto intellettuale, senza nessuna dipendenza". "La proposta di affiancare le opere di Lucio Fontana a opere di Georg Baselitz - afferma Silvia Ardemagni, presidente della Fondazione Lucio Fontana - attiva un confronto ideale e sorprendente. Questo consente di indagare nel profondo le ragioni che sottendono le creazioni artistiche, mettendo in scena un immaginario e una sensibilità comune, sebbene svolta con modalità differenti. Questo progetto dimostra quanto il lavoro di Fontana sia ancora vivo e attuale e come le opere di Baselitz (che in molti casi evocano Fontana nel loro titolo) sono state straordinarie alleate in tal senso.
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Thaddaeus Ropac Milano |
Prestare il nucleo di opere che abbiamo accuratamente selezionato all'interno della nostra collezione, opere appartenenti a cicli forse meno noti, ma così intensi e significativi, è sicuramente un’occasione preziosa che si aggiunge alla nostra multiforme e sempre entusiasta attività". I ritratti recenti di Baselitz rappresentano figure spettrali con colorazioni pallide che si stagliano capovolte e sospese nello spazio pittorico. Queste immagini prendono ispirazione da un sogno in cui l’artista ha visto la sua stessa pelle "strappata dal centro e divisa in due". Lungo il corso degli ultimi due decenni, l’artista è tornato quasi compulsivamente su questo tema. Il suo trattamento leggero, talvolta effervescente, della pittura suggerisce l’invecchiamento del corpo, mentre le sue modalità compositive, sospese ed espanse, come emergenti da fondi monocromatici, sembrano affiorare dal retro del supporto, richiamando lo scavo e la penetrazione delle profondità della tela tipici della pratica di Fontana, sempre alla ricerca di una nuova dimensione artistica. "Voglio un’apparizione - dice Baselitz -. "Qualcosa che risale dalle profondità". Come scrive il critico Stevan Henry Madoff, "c’è un sussurro in questi dipinti più recenti, la cui provenienza è ciò che Achille Bonito Oliva una volta ha definito 'uno spazio pirotecnico, frammentato', che presenta una spazialità formale che è anche psicologica". Nell’evoluzione della nuova spazialità che definisce l’opera di Baselitz, come ha scritto Fabrizio Gazzarri, "è in atto una liberazione progressiva che getta via tutta la materia oppressiva ed eccessiva [...]. In questa rimozione della materia, la gravità perde la direzione; le strutture compositive si rompono, assumendo un nuovo ordine che obbedisce ad altre leggi, ad altre dimensioni potenziali (cosmiche?)". Emerge, quindi, un parallelismo tangibile con le nuove leggi e dimensioni che Fontana, prima di Baselitz, ha stabilito nel suo manifesto scritto tra la fine degli anni Quaranta e i primi Cinquanta, in cui ha formulato le sue teorie dello Spazialismo. Fontana credeva che, al fine di realizzare "una nuova arte" in linea con i tempi coevi - un’arte per l’Era Spaziale, come diceva lui stesso - fosse necessario aprire la tela al cosmo infinito che si estende oltre la sua superficie. Nei Concetti spaziali che ne derivarono, Fontana ha raggiunto questo risultato bucando o tagliando la tela: dalle Attese, con i loro caratteristici tagli, o fenditure, ai Gessi, e fino agli Inchiostri, che si uniscono alle costellazioni dei buchi che perforano le tele dalle tonalità velate. I centri scuri delle prime opere di Baselitz - una serie iniziata nel 2015 in un periodo di intensa riflessione sul lavoro di Fontana - rimandano esplicitamente agli ultimi tagli di Fontana. Un’opera di questa serie, Aurora viene (2015), dà il titolo alla mostra, evocando la dimensione cosmica e infinita che si estende oltre la tela. La composizione dell’opera include la raffigurazione di un paio di gambe capovolte terminate all’estremità della tela da scarpe goffe, attirando lo sguardo verso il centro compositivo, vuoto: "come un’apertura buia", come lo ha descritto la storica dell’arte Carla Schulz-Hoffmann. Da lì, Baselitz ha scritto, "dovrebbe fluire, diffondersi, espandersi verso i bordi". Questo abisso centrale, che rappresenta una rottura sia con le precedenti composizioni di Baselitz sia con le norme della storia dell’arte, è il frutto della sua riflessione su Fontana: "Taglia una fessura al centro della sua tela e immerge lo sguardo dello spettatore nell’oscurità. [...]. L’artista ha in mente qualcosa di molto specifico, che si trova al di fuori del quadro. Questa fenditura ha un significato, proprio come ne L’Origine du monde di Courbet. La fenditura è come una visione del cielo, dell’eternità". In mostra anche uno straordinario esempio della serie Fine di Dio di Lucio Fontana, ampiamente considerata come l’apice della sua pratica. L’artista ha realizzato solo 38 Fine di Dio in un breve periodo che va dal 1963 al 1964. La sua forma ovale rappresenta allo stesso tempo l’origine e l’assoluto; come dichiarava l’artista stesso essa rappresenta "l’infinito, l’inconcepibile, la fine della figurazione, l’inizio del nulla". Esposta nella sala principale della galleria Thaddaeus Ropac di Milano, la Fine di Dio con il suo rosa intenso entra in dialogo con La rosa riposa di Baselitz del 2019, le cui figure nude si srotolano attraverso una tavolozza cromatica altrettanto sensuale. Anche nei tagli e nelle forme organiche presenti nelle opere di Fontana degli anni Cinquanta, quando questi vengono posti di fronte alla disarmante intimità dei corpi messi a nudo da Baselitz, emerge una suggestione di forma e materia dai significati sia filosofici che fisici. Le ricerche artistiche condotte da Fontana e Baselitz hanno in comune la capacità di restituire la sensazione che l’apparente distruzione messa in atto dalla loro opera possa portare a un rinnovamento. Un indizio di questo approccio si ritrova nelle prime opere di Fontana presentate in mostra: sculture che testimoniano il suo lavoro precedente alla formulazione della sua teoria dello Spazialismo. Qui l’artista oscillava già tra astrazione e figurazione, tra referenzialità e sperimentazione: ogni opera era un audace atto di "persiflage", come lo definì Baselitz, ovvero uno spiazzamento consapevole delle convenzioni artistiche. Poi è arrivato il gesto conclusivo della perforazione. Secondo Baselitz, all’epoca del suo primo incontro con l’opera di Fontana a Berlino nei primi anni Sessanta, quando gli ambienti artistici parlavano della fine della pittura, "il nero del taglio apriva a un barlume di speranza"; "la speranza cioè che, nel mezzo, potesse esserci qualcosa". Nel 1969 Baselitz ha iniziato a dipingere le sue composizioni a testa in giù. Questa scelta rivoluzionaria è stata il suo modo di sfidare le convenzioni di un mezzo che allora era considerato irrimediabilmente convenzionale. L’artista afferma di essere stato affascinato dal contenuto dell’opera di Fontana perché "è inconcepibile senza forma", mentre l’inversione di Baselitz, presente in tutte le opere esposte in mostra, serve a svuotare la forma apparentemente figurativa del suo contenuto. Come scrive Flavia Frigeri nel catalogo che accompagna la mostra, "è nel far prevalere l’oggetto della pittura sul soggetto dipinto" che i due artisti si incontrano. Baselitz spesso conferisce alla sue opere titoli in cui coglie l’occasione per giocare con le parole e che a volte denotano un riferimento o un’idea, altre volte rappresentano un frammento di conversazione quotidiana. Fontana viene nominato, attraverso questi giochi di parole, in molti dei titoli stravaganti delle opere in mostra. Anche Fontana utilizzava la parola come estensione dell’opera, inscrivendo spesso frasi enigmatiche sul retro delle sue opere, come un diario di pensieri che spaziavano dal filosofico al mondano. "Un contrappunto domestico e poetico al gesto che taglia silenziosamente la tela", scrive Luca Massimo Barbero nel suo saggio per il catalogo dell'esposizione, che Baselitz trasforma "in titoli, in un suono ulteriore". Baselitz è un autodidatta del linguaggio di Fontana attraverso il quale dà forma a un gioco linguistico criptato che, nelle parole di Frigeri, "avvolge questa amicizia immaginaria in un velo di umorismo e mistero". Baselitz e Fontana sembrano interagire e dialogare livelli molteplici nel corso della mostra, ma Barbero sostiene che i due artisti, in definitiva, non sono legati da "una vicinanza formale o da un’affinità di linguaggio, ma da una tensione comune. In altre parole, l’idea che l’arte non rappresenti ma annunci, che non descriva ma evochi, che sia innanzitutto un atto di apertura verso l’origine". L’incontro tra i due artisti dà vita a un dialogo che attiva il senso latente dell’unione tra il cosmico e il corporeo che si cela sotto la superficie delle loro opere, incentrate sull’infinita materia oscura che entrambi esplorano. Il taglio è stato l’'"aurora" dell’impegno di Baselitz con Fontana: un punto di partenza per un dialogo molto più profondo. Come aggiunge Barbero: "È lì, in quella fenditura, che Baselitz ha potuto vedere l’arte diventare la soglia tra il suono e la visione, tra la carne e lo spazio e, infine, tra il gesto e l’“inizio": una nascita della forma che "non è data ma ha origine". La mostra è accompagnata da un catalogo con saggi di Flavia Frigeri, curatorial and collections director della National Portrait Gallery di Londra, e di Luca Massimo Barbero, membro della Commissione Artistica Fondazione Lucio Fontana e importante studioso dell’opera di Fontana.
Copertina - Lucio Fontana, "Concetto spaziale", 1957. Pastel and collage on canvas with holes 125x100 cm (LF 1015) © Fondazione Lucio Fontana Milano, by SIAE 2025. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London - Paris - Salzburg - Milan - Seoul.
Sopra - Georg Baselitz, "Aurora viene", 2015, oil on canvas 98x88cm (GB 1886) © Georg Baselitz. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London - Paris - Salzburg - Milan - Seoul
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Mostra inaugurale
Galleria Thaddaeus Ropac Milano
Georg Baselitz & Lucio Fontana
L’aurora viene
Sabato 20 settembre - venerdì 21 novembre 2025
Inaugurazione: 20 settembre, ore 14.00 - 17.00
Piazza Belgioioso, 2 MILANO