Riqualificare l'Italia, le proposte WWF per 6 grandi aree

Alpi, Photo Sara Bragonzi

"Nel momento in cui si stanno definendo i progetti per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con fondi assegnati all’Italia dalla Commissione europea per un ammontare di 191,4 miliardi di euro, bisogna investire sul patrimonio naturale italiano ricordando che il nostro Paese ha una delle biodiversità più ricche d’Europa".
Per questo il WWF ha presentato al Governo il dossier "Riqualificare l’Italia": arrestare e invertire il declino della biodiversità, e il degrado del territorio, investendo in 6 aree prioritarie utilizzando le risorse messe a disposizione dalla Ue con lo strumento Next Generation EU (NGEU). Nell’occasione il WWF presenta un primo modello di intervento per la "rinaturazione" della Valle del Po. 
Alla presentazione del dossier, introdotta dalla presidente del WWF Italia Donatella Bianchi, sono intervenuti, tra gli altri, Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente, Meuccio Berselli (segretario generale Autorità di Bacino Fiume Po) e i docenti Bernardino Romano, Riccardo Santolini e Pierluigi Viaroli. Ad oggi, ha ricordato il WWF, Bruxelles ha già stabilito che il 37% dei fondi disponibili debba essere destinato ad azioni per il clima e l’adattamento climatico. La commissione Ambiente del Parlamento europeo ha chiesto di aggiungere un 10% per la biodiversità. E il WWF auspica che, in conclusione, si arrivi almeno a un 40% per le priorità in campo ambientale.

Oasi di Siena, Photo Giovanni Cipelli
Inoltre, c’è da aggiungere, che sempre secondo i dati ufficiali della Commissione Ue, nonostante la crisi del 2007-2008, dal 2000 al 2015 la crescita di posti di lavoro verdi in Europa è stata sette volte superiore a quella ottenuta dal resto dell’economia. "È venuto il momento di riconoscere il giusto valore da dare al nostro Capitale Naturale che rappresenta una parte fondamentale della ricchezza italiana - sottolinea Donatella Bianch -. In una sua recente dichiarazione il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è detto favorevole ad inserire la tutela della biodiversità in Costituzione: si tratta di un percorso pienamente condivisibile, ma complesso, che non impedisce al nostro Paese di assumere, da subito, azioni concrete per arrestare e invertire la curva della perdita di biodiversità strettamente connessa anche alla crisi climatica. Ecco perché una quota significativa dei contributi europei deve essere destinata a riqualificare l’Italia prendendosi cura del capitale naturale che è alle fondamenta del nostro benessere non solo economico".

Alluvione del fiume Po nel 2003
E a proposito della perdita della biodiversità, il WWF richiama i dati dell’Agenzia europea che il 19 ottobre scorso, nel report sullo "Stato della Natura d’Europa", ha rilevato come l’81% degli habitat e il 60% delle specie si trovano in uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole. 
Nel dossier "Riqualificare l’Italia" - sulla base delle elaborazioni originali del gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila che da anni collabora con l’associazione - il WWF presenta un quadro della situazione dominato da un progressivo impoverimento del capitale naturale. La copertura artificiale del territorio del Paese, attribuibile alla sola urbanizzazione, è arrivata al 7,64% (mentre negli anni Cinquanta era il 2,7%), per una superficie superiore a 23 mila Kmq, con un consumo del suolo che colpisce in prevalenza le aree agricole (66%), seguite da quelle urbane (27%) e naturali (7%). Si evidenzia, inoltre, che il nostro territorio è disseminato da barriere e di ostacoli alla continuità ecologica del patrimonio naturale che ne favoriscono il degrado. È sempre il WWF a rilevare che il 38% del territorio nazionale è classificato in zone ad elevata e molto elevata frammentazione (elaborazioni su dati Ispra). "Riqualificare l’Italia", quindi, ha l’obiettivo di individuare 6 aree vaste prioritarie per la riconnessione ecologica del Paese (Alpi, Corridoio Alpi-Appennino, Valle del Po, Appennino Umbro-Marchigiano, Appennino Campano Centrale, Valle del Crati-Presila Cosentina) e avanzare proposte concrete per il risanamento e la valorizzazione del nostro patrimonio naturale, favorendo nel contempo l’adattamento ai cambiamenti climatici e una maggiore capacità di resilienza al rischio idrogeologico.

Il WWF chiede che in queste 6 aree siano concentrati gli investimenti e gli interventi previsti nel Pnnr. Azioni e interventi che potenzino le caratteristiche ambientali e la funzionalità ecologica del nostro preziosissimo patrimonio, che favoriscano la creazione di reti ecologiche per mantenere e ripristinare la connettività tra popolazioni di specie selvatiche e habitat di pregio, che favoriscano l’applicazione della nature based solution anche nelle aree urbanizzate e nelle nostre città e che diffondano le infrastrutture verdi, quali interventi strategici per favorire la funzionalità ecologica ed eliminare barriere e sprechi. E il WWF vuole cominciare proprio dalle Valle Del Po per avviare - tramite un inedito accordo con l'Anepla (Associazione nazionale estrattori produttori lapidei affini), insieme all'Autorità di distretto del Po e all'Aipo (Agenzia interregionale per il Po) - una proposta di rinaturazione diffusa che sappia promuovere percorsi virtuosi di partecipazione pubblica, di confronto con gli enti e attori territoriali locali, di interventi per la tutela della biodiversità oltre alla ricerca di ulteriori fonti e modalità di finanziamento. Un’azione che dovrebbe essere sostenuta da almeno 5 milioni di euro per avviare i primi progetti integrati volti al ripristino e alla tutela della biodiversità del Po. La proposta del WWF per le 6 aree prioritarie rientra in un percorso di ricerca e conoscenza del territorio ormai consolidato, avviato alla fine degli anni Novanta, che aveva portato alla individuazione di 238 Ecoregioni su scala globale, in cui erano incluse le macroaree Alpi e Mediterraneo.  Proprio a partire da quelle valutazioni sono state individuate le 6 aree prioritarie per mantenere e favorire la connettività ecologica dei sistemi naturali del Belpaese. Le Alpi, per esempio, sono una delle 238 ecoregioni importanti per la conservazione della biodiversità nel mondo e la più vasta catena montuosa dell’Europa occidentale, tutelata dall’Europa con la "Convenzione delle Alpi”. Da qui Alpi nasce il Po e lungo l’arco alpino ci sono altri importanti corridoi ecologici fluviali quali il Ticino e il Tagliamento che sfociano nell’Adriatico. Ma le Alpi rientrano di fatto anche dei bacini idrografici di Rodano, Reno e Danubio. La frammentazione ecologica è bassa e ci sono importanti corridoi  - oltre ad Alpi-Appennino anche Engadina-Stelvio e Alpi Carniche - per i grandi carnivori e una buona biopermeabilità testimoniata dalla ricolonizzazione del lupo, dello sciacallo dorato e, recentemente, anche della lontra e del castoro. Il Corridoio Alpi-Appennino, area di contatto tra l'ecoregione delle Alpi e quella del Mediterraneo prioritarie su scala globale, vede l’importante presenza del biocorridoio del Ticino che favorisce la interconnessione tra i due sistemi ecologici montani nonché il corridoio montuoso che passa dai monti liguri e si connette con le Alpi nel Piemonte meridionale e con la Francia provenzale. È un’area fondamentale perché cerniera di studio dei cambiamenti climatici ma anche per il transito della fauna selvatica, in particolare grandi mammiferi, e per la conservazione della flora spontanea (solo nell’area delle Alpi Marittime-Alpi liguri si rinvengono il 55% delle specie censite in Italia). La Valle del Po è attraversata dal più grande fiume italiano (625 km di lunghezza e 71.000 kmq di bacino idrografico) che bagna 6 regioni del Nord Italia (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) e la Provincia di Trento. Nella fascia di pertinenza fluviale si conservano - parzialmente - fenomeni geomorfologici propri del dinamismo fluviale che consentono l’esistenza di biocenosi di rilevante interesse naturalistico. L’eccessiva canalizzazione dell’alveo e il consumo del suolo negli ultimi 50 anni hanno causato una notevole perdita di aree di esondazione naturale e a un aumento del rischio idrogeologico, favorito dalla frammentazione degli habitat naturali che comporta la necessità di realizzare una diffusa opera di rinaturalizzazione longitudinale e trasversale.