"Giancarlo Vitali - Time out". Palazzo Reale, Milano

Giancarlo Vitali: grande antologica da luglio a settembre 2017 a Palazzo Reale

Da non perdere per chi ama il meglio della pittura a cavallo di due secoli e di due millenni e il suo sguardo particolare, quasi unico, su umanità e vita tra ironia e sogno. Dal 5 luglio a settembre 2017 si svolge a Palazzo Reale (Milano) "Giancarlo Vitali – Time out", una vasta antologica che presenta una rilettura critica di 70 anni di pittura: dalle prime opere degli anni Quaranta, apprezzate da Carrà, fino all’ultima e inedita produzione.
Accanto alle opere degli anni Ottanta e Novanta, esaltate da Giovanni Testori, si potrà ammirare un’ampia selezione di dipinti, di incisioni e di disegni inediti. Il titolo completo è "Time out, gioco fermo", un momento di sospensione per immaginare una partita diversa, un attimo per valutare i valori in campo e il ritmo delle cose. Velasco Vitali è il curatore della retrospettiva e ne disegna il percorso espositivo: una "pausa acritica per ri-vedere". Contemporaneamente, in tre sedi museali del capoluogo lombardo, si svolgono altrettante mostre su temi specifici trattati da Vitali: la Malattia, gli Omaggi ai Maestri e le Forme del Tempo. La mostra è prodotta da ArchiViVitali.

Giancarlo Vitali: La vetrina del tempo, 1970. Olio su tela (120 x 80m cm)

Giancarlo Vitali nasce a Bellano, sul Lago di Como, il 29 novembre 1929. Inizia a dipingere a quindici anni dopo un periodo di lavoro all’Istituto d’Arti grafiche di Bergamo. Nel 1983 Giovanni Testori, dopo aver visto per caso la riproduzione di un suo dipinto, gli fa visita. Da questo incontro scaturisce un rapporto di reciproca stima e di amicizia. L’anno successivo, sempre Testori gli dedica un articolo sulla terza pagina del “Corriere della Sera” e organizza a Milano quella che si può considerare la prima personale del "figlio di pescatori". Da quel momento espone in molte sedi pubbliche e private, pubblica numerosi cataloghi e cartelle di incisioni. Scrisse proprio Testori nel suo libro "La Famiglia dei ritratti" (Electa 1987): "In Vitali, o nel Bellanasco, tutto, ma proprio tutto, è 'ritratto'. Dizione assai più giusta di quanto non sarebbe quella che recitasse come tutto, in lui, 'ritratto', lo diventi. Quella del Vitali è un’ironia che, se mai, tutti, a modo suo, intende assolverci. E intende assolverci tramite la sola carità che compete a un pittore: quella del pittorico e materico splendore". 


E l'indimenticabile Gianni Brera, che nobilitò, tra l'altro, il racconto del calcio a vera e propria letteratura, nella sua prefazione a "Il mio paese del Lago" (1993, Cartella di 10 edizioni 70 + X esemplari. Stampatore Giorgio Upiglio Milano, Editore Oreste Belinzona) è folgorante: "Ho innanzi a me le acqueforti, le cere molli e le acquetinte che Giancarlo Vitali da Bellano ha prodotto per Oreste Bellinzona, mio singolare paìs di Hiberna Castra. I disegni m’intrigano di acchito per la singolare disinvoltura con cui l’artista ha saputo cavarli dal reale. Mentre mi affiora questa certezza (il pensiero granisce dapprima timido e poi s’infigge nella corteccia come per violentarla secondo logica), una voce curiosa mi sussurra: 'Porque la vida es sueño - y los sueños sueño son'. Così evocato, il severo drammaturgo spagnolo sembra volersi esimere con immotivata cupezza. Capita a chiunque di sentirsi banale quando certe immagini gli rampollano su dall’inconscio. Io sono subito indotto a detestare il mio contagio, che mi è facile confondere con una sorta di lebbra letteraria. Poi, inaspettato, mi soccorre il poeta, così tormentosamente espresso dal suo disegno". 
Il ciabattino, 1985. Carbone su carta (48 x 62 cm)
Brera conclude: "
Che ha fatto in realtà questo Vitali, se non ribellarsi alle sue stesse indulgenze oniriche? Indotto finalmente a raccontarsi, per intimo pudore ha evitato i volti di famiglia, le fisionomie alle quali ha dato vita giorno per giorno dopo averle concepite in amore, quasi sdoppiando se stesso. Il costume romantico avrebbe suggerito il contrario. Ma già lo minacciava il pericolo di veder tutto trasfigurato dal sogno, che è forse un bislacco inseguirsi di immagini pullulate dall’Es più viscerale. E lui, Vitali, sente di aver profonde radici nella rena che il lago lambisce da millenni. Respinge anche la sola ipotesi di deformare i ricordi bio-storici del suo sangue. Allora chiude gli occhi e scompaiono i colori, per tanti anni aggrumati in tavolozza, poi dilatati e campiti sulla tela. La memoria si affida alla punta che incide la cera e prepara il metallo al morso dell’acido". Bisogna ripartire proprio da Brera e Testori per cogliere l'essenza di un'arte che ora trova la sua, forse definitiva, rilettura espositiva in una sede, insieme, prestigiosa e ideale per rendere omaggio a tanta bellezza pittorica e non solo. 
                                                                            
                                                                        a cura di Daniele Vaninetti
www.giancarlovitali.com