Omaggio a Pierre Boulez. Palazzo Grassi, Venezia


Una volta di più la Venezia di Antonio Vivaldi lascia il posto – ed è un’autentica sorpresa - a una “full immersion” nella musica contemporanea. I giovani (ma non solo loro) apprezzano la proposta e affollano il Teatrino di Palazzo Grassi (Pinault Collection) per seguire, in tutti i suoi “mille” momenti, il concerto-omaggio dei solisti dell’Ensemble Intercontemporain al fondatore Pierre Boulez. Il doveroso tributo degli allievi al maestro e ai suoi novant’anni da assoluto protagonista della ricerca musicale, da compositore e didatta appassionato nonché da infaticabile direttore artistico della Lucerne Festival Academy.


I solisti dell'Ensemble Intercontemporain
Il Teatrino di Palazzo Grassi, progettato dall’architetto giapponese Tadao Ando e aperto nel maggio 2013, è al suo secondo anno della collaborazione con l’Ensemble Intercontemporain, la formazione fondata proprio da Boulez nel 1976. E questa volta si può dire che il meglio delle partiture musicali del tardo Novecento e del nuovo Millennio sia stato eseguito davvero “a tema” e in un’atmosfera persino spiazzante se non fosse per le bellezze architettoniche senza fiato che avvolgono questo luogo nel cuore di Venezia. Un’esibizione-programma le cui parti iniziale e finale sono “andate in scena” direttamente tra il pubblico, con un’andata-ritorno al foyer del Teatrino. In mezzo il concerto più “tradizionale”. 

Alain Billard (clarinetto baso), Sophie Cherrier (flauto), Jens Mcmanama (corno in fa), Didier Pateau (oboe), Paul Riveaux (fagotto) e Sébastiene Vichard (pianoforte) hanno eseguito musiche, oltre che di Boulez (il cuore del programma), di John Cage, Ivan Fedele, Franco Donatoni e Luciano Berio. Nomi altisonanti della produzione moderna e postmoderna ma sempre con echi e rimandi diretti alle opere del maestro francese che ha creato l’Ensemble. Sino alla pagina finale, quelle “Ricorrenze” per quintetto di fiati dove l’arte di Luciano Berio appare senza tempo e per ogni tempo.

Nel dettaglio, il concerto si è aperto con due brani di Boulez: “Domaines” (1961-1968), per clarinetto solo, e Douze Notations (1945), per pianoforte, il brano scritto durante gli studi con Olivier Messiaen. Di John Cage è stato scelto “Music for Wind Instruments” (1938), per quintetto di fiati, opera emblematica del primo periodo di attività del compositore americano che annuncia la sua predilezione per il ritmo, un elemento che sarà al centro delle sue “Construction” per percussioni.

Pierre Boulez
“Flamen” (1994), di Ivan Fedele, non rinuncia, invece, al suono inteso come rappresentazione dello spazio anche nelle dimensioni ridotte del quintetto di fiati e dispone i musicisti secondo un ordine preciso: in cerchio, lontani l’uno dall’altro e su diversi livelli, in modo da costruire una struttura musicale frutto di simmetrie, attrazioni e stratificazioni.

“Incisi. Deux pièces” (1995), composizione per oboe di Franco Donatoni, è ispirato alle opere giovanili del fondatore dell’ensemble ed è stato creato in occasione dei suoi settant’anni. “Sonatine” (1946), per flauto e pianoforte, sempre di Pierre Boulez, è fortemente ispirato alla costruzione formale di Arnold Schönberg e al linguaggio musicale di Claude Debussy. Attraverso questo brano il maestro francese si proietta verso la composizione seriale. Il breve epilogo di “Musette per Lothar” di Franco Donatoni “riporta” il pubblico fuori dalla sala da concerto negli spazi del grande atrio del Teatrino che è anch’esso un luogo d’arte allo stato puro. 

Intanto Palazzo Grassi annuncia che nel decennale della sua riapertura presenterà, nella primavera 2016, la prima retrospettiva italiana dedicata a Sigmar Polke (1941-2010). La mostra segna il 75° anniversario della nascita dell’artista e il 30° della sua partecipazione alla Biennale di Venezia, nel 1986, dove fu premiato con il Leone d’Oro. Concepita specificamente per Palazzo Grassi da Elena Geuna e Guy Tosatto, direttore del Museo di Grenoble, in collaborazione con The Estate of Sigmar Polke, l’esposizione raccoglie circa novanta opere, provenienti in parte dalla Pinault Collection e in parte da importanti collezioni pubbliche e private. 

La mostra, che ripercorre l’intera carriera dell’artista dagli anni ’60 agli anni Duemila e la molteplicità delle tecniche utilizzate (dipinti, disegni, installazioni e film …), prende spunto dal progetto di Polke per il Padiglione Tedesco presentato alla Biennale del 1986 e ruota intorno a due grandi temi: l’alchimia e la politica.

                                                                 Daniele Vaninetti