Impero Alain Ducasse, la svolta etica


Da Parigi a New York, dalla Provenza all'Estremo Oriente, dalla Toscana a San Pietroburgo l'"impero" di Alain Ducasse segna in profondità le varie stagioni contemporanee della grande cucina globale a tre stelle Michelin. E forse se ne è aperta una nuova dove le tendenze e la ricerca gastronomica del passato si semplificano e il ritorno alla natura è ancora più evidente. Soprattutto dietro i fornelli e sulle tavole del Plaza Athénée, uno dei palaces (l'élite alberghiera made in France) di Parigi. 

Si è parlato, anche recentemente e proprio in occasione della riapertura del Dorchester Hotel parigino dopo un periodo di rinnovamento, di una sorta di "conversione" di Ducasse alle ricette e ai piatti vegetariani. Più propriamente il maestro francese, che con "Chateaux e Hotels Collection" ha inventato anche un nuovo modello e una propria cultura dell'ospitalità, intende affondare i colpi su quello che considera un tema essenziale, dirimente: il ritorno alla natura come valore e necessità che vanno oltre il mero approccio ai temi della gastronomia. E al ristorante "Alain Ducasse au Plaza Athénée", tornato in attività come l'albergo, questa svolta è tangibile in ogni sua parte.

In realtà Ducasse affonda i colpi, dopo venticinque anni di ricerca e successi, su quella che lui stesso presenta e definisce come "une cuisine de la naturalité inspirée par la trilogie poissons-légumes-céréales avec la complicité de son chef Romain Meder". Quindi pesce, legumi e cereali in testa alla selezione delle portate. La carne e la cacciagione sono retrocesse. Il tutto con una motivazione che è anche etica e culturale: "Mangiare più sano e in modo naturale - spiega Ducasse - significa essere più rispettosi delle risorse del Pianeta con un'interpretazione libera e quasi istintiva dell'alta cucina, capace di rivelare i sapori originali dei prodotti, dal più nobile al più umile ma tutti eccezionali".

Attenzione: anche la scelta dei vini si fa sempre più semplice e tradizionale e al Plaza Athénée si segue la loro "età" come nella vita: "Les 10 ans, les 15 ans jusqu’aux 55 ans ! Une belle façon de choisir son vin en fonction des évéements qui rythment la vie et de les célébrer". E qui si va davvero controcorrente come quando Ducasse ha spiegato all'Ansa di usare pochissimo burro o panna ma soprattutto il succo delle verdure: "Ci chiedono la crema, il cioccolato: non cederemo al diktat, altrimenti saremmo in linea con la globalizzazione. Si mangia tutti lo stesso grasso, lo stesso zucchero... La tendenza mondiale è al consumo di zucchero... ma la mia ossessione è quello di toglierlo".

La semplicità ed i ritmi più attenti alla persona - invece che ai tempi imposti dal business e dall'ospite "carico" solo di fretta - caratterizzano anche l'ambientazione, gli arredi e il servizio in tavola su cui si combinano forme di ieri e di oggi. Materiali preziosi e artigianali combinati insieme grazie al lavoro e al genio di designers come Pierre Tachon o Shinichiro Ogata o come  Rina Menardi, Gérard Crociani ou Tina Frey. Le tovaglie create negli anni Settanta da Roger Tallon sono state "riedite" esclusivamente per il ristorante di Avenue Montaigne.

Il lusso rimane ma vira verso il bello prima di riproporre questi ambienti parigini in tutta la loro esclusività. Sotto questo aspetto nulla muta e alla base resta ben salda una filosofia del mangiar bene che da anni predica la riduzione delle proteine animali e un approccio più convinto e quotidiano ai prodotti dell'orto o della campagna di una volta. Non è una rivoluzione vegetariana tout court ma un ribadire quale dovrà essere l'essenza della ristorazione di domani. Globalizzazione addio. Vince il territorio. Ancora una volta.


Daniele Vaninetti