RI-SCATTI: vivere e lavorare in carcere | Mostra al PAC

Sino al 6 novembre 2022, per l’ottavo anno consecutivo, torna RI-SCATTI, il progetto ideato e organizzato dal PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano e da Ri-scatti Onlus - l’associazione di volontariato che  dal 2014 crea eventi e iniziative di riscatto sociale attraverso la fotografia - e promosso da Palazzo Marino con il sostegno di Tod’s. La nuova edizione, patrocinata dal ministero della Giustizia e realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano e con il Provveditorato regionale Lombardia del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si  propone di raccontare le complessità, le difficoltà, ma anche le opportunità della vita negli istituti di reclusione, al di là delle semplificazioni e delle stigmatizzazioni, fornendo ai partecipanti uno strumento formativo e generando anche un confronto costruttivo e una sinergia concreta tra l’amministrazione cittadina, quella penitenziaria e le istituzioni culturali milanesi. Quest’anno i protagonisti assoluti sono stati i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria dei quattro istituti di detenzione milanesi: Casa di Reclusione di Opera, Casa di Reclusione di Bollate, Casa Circondariale F. Di Cataldo, IPM C. Beccaria.
Undici mesi di corso, cento partecipanti (di cui sessanta detenuti e quaranta agenti di polizia), oltre 50.000 scatti fotografici realizzati, di cui 800 selezionati per essere esposti, e materiali video inediti ed esclusivi per raccontare la realtà delle carceri dal punto di vista diretto di chi le abita e di chi le vive per lavoro. La mostra al PAC conclude il progetto formativo è come sempre ad ingresso gratuito. Data l’eccezionalità dell’evento, si estende in durata per un mese intero e si è aperta alla città sabato 8 ottobre dalle 19:30 fino alle 23:30 in occasione della diciottesima Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani) per raccontare la vitalità dell’arte contemporanea nel nostro Paese. Tutte le foto - stampate dal  Fotolaboratorio Digital Service su carta Canon Photo Paper Pro Luster 260 gr. - e il catalogo sono in vendita e l’intero ricavato andrà a supportare e a finanziare interventi architettonici volti al miglioramento della qualità della vita nelle carceri. Queste attività saranno gestite e coordinate dal dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano che, insieme a quello di Design, da molti anni svolge ricerche di tipo partecipativo negli spazi detentivi. Un percorso mai affrontato prima da nessun altro, che ha avuto come novità assoluta per i detenuti la possibilità di avere a loro disposizione le macchine fotografiche nei reparti e nelle celle e per gli agenti di polizia la possibilità di disporne durante i loro orari di lavoro. Il risultato è un racconto intenso, veritiero, esplicito, dalle tinte forti ed estremamente duro. È difficile capire. Il carcere è un mondo sconosciuto per chi non ci vive e per chi non lo  vive. Per chi non varca quella soglia che segna la linea di separazione tra il vivere e il sopravvivere, tra il tempo che passa e l’immutabilità dei giorni.

Quello che è importante nel nostro quotidiano diventa spesso privo di senso nelle sezioni detentive e quello che, invece, è vitale dietro le sbarre è pressoché insignificante per noi. Una realtà che alimenta i peggiori fantasmi e che suscita sentimenti contrastanti di attrazione e di repulsione, di paura e di curiosità. Le carceri non sono solo affollate di detenuti, sono affollate di esseri umani che non possono essere lasciati soli, che devono essere aiutati a salvarsi dalla loro stessa "perduta vita", dalla loro convinzione di non avere più alcuna possibilità di riscatto, da quella loro visione della "scomparsa del futuro" legata a relazioni radicalmente appiattite sull’azione passata. Come nell’inferno dantesco, l’ingresso in carcere rappresenta l’inizio di una discesa, tortuosa e inevitabilmente dura. È l’inizio di un viaggio, pieno di dolore, di difficoltà, di timori e di contraddizioni, in cui si soffre di profonda solitudine pur stando  insieme ad altre persone, in cui ci sono dei professionisti in grado di aiutare, ma è davvero molto facile sentirsi abbandonati. Un percorso che, nell’interesse anche della collettività, dovrebbe concludersi con un’uscita "a riveder le stelle" (fisica o simbolica  che sia per coloro che effettivamente dal carcere non usciranno mai), affinché il desiderio di giustizia non si trasformi in vendetta. E poi - in questo lungo racconto fotografico - ci sono loro, l’altra metà del carcere, gli agenti della polizia penitenziaria. Sin da subito è sembrato interessante coinvolgere nel progetto anche chi lavora dentro il carcere, chi porta una divisa e crede fermamente in quello che fa, per vocazione, per scelta di vita o perché semplicemente si è ritrovato a farlo. Spesso bistrattati, mal giudicati, considerati un elenco di numeri anonimi, inghiottiti dal vortice delle frasi fatte, dei pregiudizi, dei luoghi comuni sulle forze dell’ordine e che poi purtroppo alcune volte -  come la cronaca ci ricorda - si rivelano anche spaventosamente veritieri, gettando nel discredito l’intera categoria. Fuori e dentro. Tutti i giorni. Dentro i corridoi e le sezioni, con le giornate scandite dai servizi di guardia, l’ordinaria battitura di sbarre, le chiavi che girano, i comandi da eseguire, l’apertura e la chiusura dei blindi, il giro di conta, il passaggio di consegne, i turni notturni, i piantonamenti, le scorte in tribunale. Tutto nel nome  del rigore, della vigilanza e del controllo, per osservare, scrutare, intuire le ragioni di ogni singolo atteggiamento, di ogni frase detta a metà, e prevedere ogni possibile ed eventuale rischio che si cela dietro un movimento. Quest’anno RI-SCATTI si è quindi sviluppato attraverso un duplice percorso, comune tra le due parti molto di più di quanto non si possa pensare, dove al centro di tutto c’è stato l’uomo con le sue sfumature, i suoi errori, le sue debolezze, le sue fragilità, il suo coraggio, le sue responsabilità. L’essere e il dover essere. Senza filtri e senza effetti speciali. Solo verità. Completa la mostra la Project Room Laboratorio Carcere, dedicata al percorso di ricerca che il Politecnico di Milano conduce sul campo dal 2014 negli istituti penitenziari  milanesi. L’approfondimento documenta l’attività di indagine e progetto della forma dello spazio e dei modi di abitarlo, con l’obiettivo del cambiamento e all’insegna della cooperazione tra il mondo della ricerca e il mondo della pena. "Il PAC continua coraggiosamente a indagare con un inedito sguardo fotografico le realtà più difficili e complesse del nostro presente - ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi -. Dietro a questo sguardo, che in mostra diventa anche il nostro, possiamo scoprire mondi a noi ignoti, anche se affatto lontani, e comprendere un vissuto altro da noi. In qualunque mostra, in realtà, si entra a far parte dell’universo di pensiero e suggestione di un artista, ma in questo progetto c’è di più: c’è la volontà di scavare in vissuti particolari, insegnando alle persone come rappresentare sé stesse, come dare al proprio quotidiano il senso di una vita vissuta pienamente, se pure in modo diverso rispetto a quella che scorre, con altri ritmi e altri codici, al di fuori delle mura del carcere. E c’è anche la volontà di non fermarsi mai alla superficie delle cose e alle cornici che le definiscono: un obiettivo fondamentale per chi si occupa di rappresentare la contemporaneità". "Questa edizione di RI-SCATTI - fa notare il presidente Stefano Corso - ha portato avanti un progetto sociale scomodo, difficile, ma in cui il termine 'riscatto' è profondamente collegato allo sguardo di chi racconta. 'Riscatto' per coloro che hanno commesso errori, 'riscatto' per chi lavora senza il riconoscimento della società. Sono stati undici intensi mesi di lavoro in cui i nostri docenti si sono confrontati con persone di età e generi differenti facendoli diventare protagonisti del racconto della loro esistenza nelle carceri milanesi. Gli ambienti  e le relazioni in cui vivono sono la loro narrazione e molto spesso diventa difficile distinguere l’appartenenza del punto di vista, rendendo difficile la distinzione tra chi in carcere ci vive e chi, invece, ci lavora. Una serie di fotografie crude e toccanti che ci aprono uno spiraglio tra quelle mura da cui trapela una realtà senza i filtri spesso stereotipati dal comune sentire, che finge di immaginare delle vite senza volerle riconoscere e ignora i limiti di dignità e di umanità pur conoscendoli".

********************************                             

RI-SCATTI.

PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE

Sino al 6 novembre 2022

PAC Padiglione d’Arte Contemporanea

Via Palestro, 14 

20121 Milano

www.ri-scatti.it 

www.pacmilano.it

Orari della mostra: da martedì a domenica ore 10 -19:30; giovedì ore 10 - 22:30.

Chiuso il lunedì. Ingresso libero