Mantova, al via la 26ª edizione di Festivaletteratura

È tutto pronto per l’edizione 2022 del primo festival letterario italiano, che in questa fine estate 2022, dal 7 all'11 settembre, finalmente si riappropria delle strade, delle piazze, dei palazzi storici di Mantova…e non solo. Una kermesse ricca di incontri con autori e autrici, laboratori per bambini e ragazzi, passeggiate, spettacoli teatrali, concerti e lezioni che racconta di destini individuali e storie nazionali, dialoghi con gli animali e la natura, reportage di guerra, di fumettisti e cantautori, di autori italiani migranti e di Irlanda, con omaggi a grandi autori della nostra letteratura, tanta poesia, e una proposta di legge popolare sulla lettura (vedi anche Style Legends del 25 giugno 2022).
Mentre a Palazzo Ducale apre la mostra La Stanza Bellonci e in Piazza Alberti si svela l’installazione "Una scuola al quadrato", si preparano i tanti ospiti in programma tra cui la poetessa e drammaturga Mariangela Gualtieri, l’ecologista e attivista Vandana Shiva, gli scrittori Paolo Cognetti, Alessandro Baricco, Edgarda Ferri, Marco Belpoliti, l’autrice, attrice e scenografa Ermanna Montanari, il cantautore Angelo Branduardi e l’attivista femminista intersezionale Lilia Giugni. In un mondo a rischio di nuove tensioni e in una società piena di contraddizioni e diseguaglianze, la cultura pone un argine alla deriva di valori, identità e libertà. E' anche per questo che è molto rilevante il ritorno in presenza dei più prestigiosi interpreti della letteratura internazionale con ben quattro vincitori del Booker Prize come il sudafricano Damon Galgut (2021), il nigeriano Ben Okri (1991) e gli irlandesi John Banville (2005) e Anne Enright (2007). Poi William T. Vollmann, figura di assoluto rilievo e didifficile classificazione all’interno della letteratura statunitense, Christoph Ransmayr, scrittore austriaco in costante confronto con i temi dell’esilio, del viaggio, dell’alterità, Pierre Lemaitre, autore di romanzi di ambientazione storica di successo, Andrés Neuman, erede della grande tradizione della letteratura argentina, la narratrice, poetessa e naturalista britannica Helen Macdonald, l'olandese grande di origini persiane Kader Abdolah e Gaia Guasti, amatissima e instancabile creatrice di storie lette da ragazzi e adolescenti di tutta Europa. Ed è proprio la grande narrativa straniera a farci affacciare per prima sul vasto mondo a noi d’intorno, a farci cogliere - nell’appassionante intreccio che unisce le vicende di singoli e famiglie - antiche e nuove presenze, aspirazioni e rancori di popoli e comunità, destini di intere nazioni, che vediamo riaffiorare confusamente nelle cronache riportate ogni giorno dai media.

Il Sudafrica attraversato da conflitti intergenerazionali e da una complessa emancipazione dall’apartheid è raccontato - da diversi punti di vista - tanto da Damon Galgut quanto da Yewande Omotoso; l’esperienza dell’esilio e la consistenza delle utopie dell’Europa e della libertà del mondo arabo riecheggiano nelle voci del bosniaco Aleksandar Hemon e dell’iracheno Usama Al Shamani. Il Cile di Diamela Eltit riflette la delusione delle speranze di una generazione che ha combattuto la dittatura e non si riconosce nel Paese di oggi; Zeruya Shalev ci offre una decostruzione romanzesca dello stato d’Israele e del mito della sua genesi; Sharon Dodua Otoo racconta di donne in lotta per la propria affermazione tra l'Europa e l'Africa risalendo genealogie che si perdono nei secoli e in territori remoti. Ed è all’Irlanda, terra ancora divisa, che Festivaletteratura dedica una speciale attenzione nell’anno in cui si celebrano i cent’anni dell’Ulysses, autentico caposaldo della letteratura del Novecento. Sono decani della scrittura come Anne Enright e John Banville, autrici insieme realiste e visionarie come Jan Carson, insieme a Sebastian Barry, Anne Griffin e al poeta Peter Fallon. a testimoniarci l’inesauribile vitalità di una letteratura che si presenta come un arcipelago di storie in perenne tensione, una costellazione di prose, poesie e testi teatrali capaci di affascinare il pubblico di tutto il mondo. Proprio a partire dalle storie "nazionali", la questione che oggi si pone è - più in generale - come raccontare le crisi e i conflitti del nostro tempo, quali approcci narrativi e d’indagine permettono di sottrarci a un frastuono informativo che poco lascia a una reale comprensione di geografie sempre più incerte. Sotto il titolo del reportage si possono riportare numerose scritture - ora giornalistiche, ora diaristiche, ora più affidate all’immagine, ora genuinamente narrative - che tentano di ricomporre le carte del mondo e che trovano ampio spazio in questa edizione.

Si parte inevitabilmente dall’Ucraina con Igort, Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi e dalla Russia di Putin con il filosofo francese Michel Eltchaninoff, per inoltrarci con Erika Fatland nelle più remote propaggini del mondo ex-sovietico fino a sconfinare nel resto dell’Asia, finendo con Giada Messetti e Marco Del Corona a interpretare il pensiero di una Cina sempre più vicina. Di paesaggi sovvertiti dai cambiamenti climatici ragionano Fabio Deotto e Ferdinando Cotugno, e ancora Giovanni Marrozzini e Angelo Ferracuti, risalendo il Rio Negro nella Foresta Amazzonica. E' invece lo sguardo etico e partecipe di William T. Vollmann - capace di trasformare il reportage in saggio filosofico o in puro racconto d’invenzione - a guidare un’esplorazione americana che vedrà impegnati al Festival anche Francesco Costa e Michele Masneri sulle coste del Pacifico e Sarah Smarsh nei territori dell’entroterra della working class americana. Mercoledì 7 settembre, dopo il tradizionale incontro inaugurale alla Tenda Sordello alle 11.30, il festival parte con un programma giornaliero di oltre 30 appuntamenti tra spettacoli teatrali per adulti e ragazzi, laboratori, lezioni, mostre e, naturalmente, incontri con autori italiani e internazionali.

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