Procida: Palazzo d'Avalos da carcere a museo d’arte

Una grande mostra d’arte contemporanea in dialogo con gli ambienti suggestivi del complesso di Palazzo d’Avalos, l’ex carcere dell’isola: cinque celle diventano sale personali dedicate all’esposizione di opere straordinarie, alcune delle quali "site-specific". Si inaugura venerdì 27 maggio (opening su invito, ore 11.00), la mostra d’arte che sino al 31 dicembre 2022 impreziosisce il programma culturale di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022 alimentando la rigenerazione di uno dei luoghi simbolo dell’isola, già edificio signorile, poi Palazzo Reale borbonico e a lungo bagno penale, prima della chiusura definitiva, nel 1988. Con la curatela di Agostino Riitano in collaborazione con Vincenzo de Bellis e sotto il matronato della fondazione Donnaregina per le arti contemporanee 2022, "Sprigionarti" nasce con l’obiettivo di avviare un progetto di un nuovo nucleo espositivo che sia entità viva e funzionale allo sviluppo culturale e democratico della comunità. Il percorso espositivo si sviluppa attraverso cinque celle del complesso di Palazzo d’Avalos e coinvolge nomi di assoluto richiamo del panorama dell’arte contemporanea nazionale e internazionale, stimolati dalla sfida di tradurre la propria poetica in un luogo unico e dalla storia complessa e stratificata: Maria Thereza Alves, Jan Fabre, William Kentridge, Alfredo Pirri, Francesco Arena e Andrea Anastasio.
Andrea Anastasio
La mostra (ingresso libero, capienza contingentata; policy di accesso a Palazzo D’Avalos a cura dell’associazione Palazzo D'Avalos, info 333 3510701) resterà visitabile fino al 31 dicembre, accompagnando l’anno da Capitale di Procida. "Abbiamo chiesto a cinque grandi artisti di immaginare una prospettiva relazionale con l’ex colonia penale, un luogo simbolo e testimonianza della storia sociale, politica e urbanistica dell’isola, per indagare nuove risonanze di senso tra la dimensione storica della reclusione e dell’isolamento e la vocazione moderna di apertura e condivisione - spiega Riitano, direttore di Procida 2022 -. L’idea alla base del progetto è che un museo nel ventunesimo secolo debba essere rivolto a tutti, capace di offrire un’esperienza personale di crescita culturale, condiviso collettivamente come valore identitario essenziale, aperto alla diversità culturale, fortemente radicato sul territorio e, allo stesso tempo, orientato verso il contesto nazionale e internazionale. Significativo che questo venga fatto poi in quello che precedentemente è stato un carcere: un luogo di reclusione e di isolamento, si trasformerà così in un luogo di apertura, fisica e mentale, attraverso l’arte contemporanea. La volontà è quella di costituire un laboratorio dinamico, volto alla produzione culturale e aperto alla partecipazione e all’interazione diretta dei vari segmenti di pubblico, mantenendo al contempo la sua funzione istituzionale di ricerca, produzione, conservazione ed esposizione, capace di valorizzare, e contestualmente rafforzare, la sua missione pubblica, in rapporto dialogico con la società e le dinamiche della cultura contemporanea". Nel percorso di visita il primo spazio ospita un’opera dell’artista brasiliana Maria Thereza Alves, da sempre impegnata sui temi dell’arte, dell’ecologia, della storia locale ed ambientale. A Procida 2022 Alves espone "Mold Fresco: An archive of breathing": su un muro di un palazzo antico diverse specie di muffa che interagiscono l'una con l’altra crescono in vari colori.

Jan Fabre
"Qualcuna di esse - sottolinea l’artista - esiste grazie al nostro respiro". Nel secondo spazio, l’ex cappella della struttura carceraria, prende forma l’opera di Jan Fabre "The Catacombs of the Dead Street Dogs" (2009-2017), già esposta a Venezia e San Pietroburgo e stavolta in dialogo straordinario, e del tutto inedito, con la storia secolare di un palazzo che ha custodito mille vite. Utilizzando vetro di Murano e scheletri di cani, l’artista opera tra fragilità e resistenza, tra interno ed esterno, tra vita e morte. Il terzo spazio ospita una videoinstallazione di William Kentridge, artista di origini sudafricane acclamato a livello internazionale per i suoi disegni, i suoi film, le sue produzioni teatrali e liriche. L’opera è un estratto audiovisivo di "Zeno Writing" (2002), ispirata al famoso personaggio di Italo Svevo e sarà singolarmente visibile dall’esterno della cella attraverso le sbarre, che ne diventano dunque singolare estensione, favorendo un’interpretazione che gioca con il concept di prigionia e libertà. Nell’ultimo spazio, in fondo al corridoio, all’installazione di Alfredo Pirri ("7.0", installata nel 2017) si aggiungono l’opera di Andrea Anastasio e quella site specific di Francesco Arena. Con il suo "Letto per i giorni e per le notti", Arena interpreta la condizione di prigionia di chi è stato rinchiuso in questi spazi, utilizzando la struttura di uno dei vecchi letti del carcere per poggiarvi una lastra di rame lucidato a specchio larga e lunga quanto un materasso. Sopra vi sono incise le frasi "La luce si sta cambiando in ombra" e "L’ombra si sta cambiando in luce". Con "Nine to Five", Andrea Anastasio si riferisce alle 8 ore lavorative che, generalmente, scandiscono la quotidianità delle persone, qui interpretate attraverso una replica fedele di un lampadario seicentesco veneziano chiamato Ca' Rezzonico, associato a otto lunghe plafoniere a Led. La sua forma circolare e la radialità rimandano alla festa (e allo sfarzo aristocratico), alla giostra popolare e al panopticon. La mostra è stata realizzata con la collaborazione di Studio Trisorio, Galleria Lia Rumma e Alfonso Artiaco.

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Didascalia delle immagini, dall'alto in basso:

Copertina: Palazzo d'Avalos, Procida

1 - Andrea Anastasio, "Nine to Five". Foto Leonardo Duggento

2 - Jan Fabre, "The Catacombs of the Deas Street Dogs". Foto Pat Verbruggen