Locarno Film Festival 74. Omaggio a Alberto Lattuada

Dopo un "annus horribilis" per la Settima arte, tra sale chiuse e festival rinviati o cancellati - Cannes ridotto a una "due giorni" di recupero a Settembre, Venezia in presenza ma con il pubblico fortemente distanziato - arrivano i primi segnali in controtendenza per il 2021. A aprire le danze della "speranza" è il Film Festival di Locarno (4-14 agosto), dove si assegnano i famosi Pardi d'Oro, la più indipendente delle kermesse cinematografiche europee. Il direttore artistico Giona A. Nazzaro rompe gli indugi con una newsletterer-riflessione e l'annuncio che la 74.a edizione, oltre al concorso e alle altre sezioni, proporrà una retrospettiva dedicata ad Alberto Lattuada (1914-2005), regista ma anche produttore, sceneggiatore e pittore, tra gli autori meno etichettabili nella produzione di genere della seconda metà del Novecento italiano non fosse altro per la sua vena letteraria e sensuale.
Giona A. Nazzaro
"Il 2020 che ci siamo appena lasciati alle spalle - scrive Nazzaro - ci ha messo duramente alla prova. Eppure, come sovente accade nelle situazioni di difficoltà, ci ha permesso di comprendere quali sono le priorità e gli obiettivi di una manifestazione cinematografica come la nostra che da 74 anni si mette sempre in discussione andando alla ricerca del nuovo, scommettendo sul futuro. La tentazione è quella della smaterializzazione: diventare fluidi, scorrere solo lungo le onde della banda larga. Quando William Gibson scriveva il suo capolavoro fantascientifico cyberpunk 'Neuromante', chissà se immaginava che 36 anni dopo ci saremmo trovati a traslocare in massa su applicazioni digitali per far fronte all’interruzione dell’erogazione della didattica e, semplicemente, per conservare il piacere di stare insieme. E il Locarno Film Festival? Accoglie la sfida del presente e la vive, come un cantiere in perenne attività che riserverà straordinarie sorprese e innovazioni sulle quali si gioca e si inventa il futuro. Oggi, e per quel che ci attende domani, la sfida è essere Festival - conclude Nazaro -. Accogliere le domande dell’innovazione digitale e confrontarsi con le trasformazioni dell’industria cinematografica. Riaffermare, con serena e consapevole fermezza, la necessità di essere un luogo di creazione e possibilità, incontri e dialoghi, con Piazza Grande e la sala cinematografica, quali simbolo di un progetto e di una comunità che si ritrova".

Alberto Lattuada con Chaterine Spaak
Il cinematografo - ecco subito un esempio - che "si ritrova per riscoprire un autore come Lattuada. Dopo le retrospettive storiche dedicate in passato alla Lux e alla Titanus, Locarno torna, dunque, a esplorare la storia del cinema italiano attraverso le opere di un regista che proprio in quelle due case di produzione ha lavorato nella prima parte della sua carriera. Grazie alla presentazione della sua filmografia completa (con molte opere ancora poco esplorate anche dagli addetti ai lavori) si proverà a fare nuova luce su un autore a tutt’oggi poco conosciuto, soprattutto fuori dall’Italia, apparso spesso eccentrico e inclassificabile, e invece artefice di un cinema di estrema modernità, colto e popolare al tempo stesso". La retrospettiva è curata dal critico Roberto Turigliatto che già ne indica una possibile chiave di lettura: "Sensualità, bellezza, ambiguità, dominio della forma, perfezionismo e sperimentazione caratterizzano l’opera di straordinaria diversità realizzata da un uomo libero, curioso e anticonformista, che oggi è più che mai necessario riscoprire". Intellettuale, architetto, critico e fotografo negli anni della formazione, Lattuada è rimasto fedele al modernismo che caratterizzava il suo vivace contesto culturale, quello milanese, restando sempre un osservatore lucido e anticipatore delle grandi trasformazioni collettive della seconda parte del Novecento. Grande regista, ha lavorato con diversi degli attori italiani e internazionali più importanti del periodo (Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni e Anna Magnani, tra gli altri) ed è stato anche scopritore di molti interpreti talentuosi (in particolare, attrici come Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Nastassja Kinski e Clio Goldsmith).

"Nulla è in grado di rivelare come il cinematografo i fondamenti di una nazione": così definiva ciò che per lui era la Settima arte nel 1945 quando, con altri registi contribuiva a fare della sala cinematografica un luogo di partecipazione civile, politica e morale. La passione per il cinema era nata durante gli anni di studio, grazie alle collaborazioni in qualità di cinefilo e critico e all’organizzazione di rassegne cinematografiche. Esperienze che lo porteranno presto tra i promotori della raccolta di film che diventerà nel Dopoguerra la Cineteca Italiana di Milano e a lavorare con autori come Soldati e Poggioli. Dopo l’esordio alla regia nel 1943 con Giacomo l’idealista, in "Il bandito" (1946) ha dimostrato in un primo tempo un’adesione al neorealismo del tutto personale, aperta alle contaminazioni e alle influenze del cinema di genere hollywoodiano, con una particolare predilezione per il poliziesco e il mélo, come testimonia il successivo "Senza pietà" (1948). Allo stesso tempo, anche nelle molte opere di matrice letteraria come "Il mulino del Po" (1949), Lattuada ha saputo imprimere quell’attenzione all’individuo e alle sue connotazioni sociali che trascende dalla sensibilità neorealista. Negli anni Cinquanta, dopo la co-regia di "Luci del varietà" (1950) con Federico Fellini, il suo sguardo si è fatto più disincantato e attento all’umanità umiliata dalle dinamiche economiche di quegli stessi anni, tratteggiata con precisione in "Il cappotto" (1952), "La spiaggia" (1954) e "Mafioso" (1962). Allo stesso tempo, tuttavia, si è anche aperto al vitalismo e alla sensualità come scoperta di sé che caratterizza le protagoniste di "Anna" (1951), "Guendalina" (1957) e "Dolci inganni" (1960). La capacità di rinnovarsi con costante freschezza creativa ha portato Lattuada a mettere in scena altri adattamenti letterari, a solcare i territori della satira di costume, del giallo, del film di guerra, fino agli sceneggiati e ai film per la Tv come Cristoforo Colombo (1985) e l’ultimo lavoro, Mano rubata (1989)".

Sul Lago Maggiore si anticipa anche che ad agosto tutto si svolgerà nel rispetto più scrupoloso delle normative vigenti federali e sanitarie, a cui si sta lavorando. per arrivare "a un’edizione fisica, quanto più possibile vicina alla tradizione del Festival e in cui ritrovarsi. Compito della cultura è di essere al servizio delle persone, della società del futuro". Intanto torna il mese più corto dell'anno e tornano le Locarno Shorts Weeks. Febbraio si popola di cortometraggi. La terza edizione delle Locarno Shorts Weeks, l’evento off del Festival interamente dedicato al mondo del cortometraggio, far (ri)vivere al pubblico alcuni dei protagonisti del programma ufficiale di Locarno72. La selezione di 22 film è tratta dalle sezioni Pardi di domani, Moving Ahead e Open Doors proiettate a Locarno nel 2019, i quali, visti retrospettivamente, sembrano parlarci del presente e avvisarci di come il "nuovo" mondo potrà sembrare dopo il 2020.
                                                                                                    a cura di Daniele Vaninetti 
                                                                                      

 Photo Locarno Festival/Facebook e Cinecittà/Facebook