"CiTiEs" di Stefano Boato. Padova


Una mansarda capace di accogliere i materiali recuperati, base delle sue invenzioni. Una folgorazione: quella per “Metropolis” di Fritz Lang. L’amore per l’arte contemporanea, ma senza porle confini e steccati. Miscelate questi tre elementi e comincerete a capire perché Stefano Boato, ingegnere e artista autodidatta nato (nel 1961) e residente a Dolo, sulla Riviera del Brenta, in provincia di Venezia, si stia imponendo all’attenzione del pubblico e della critica con le sue mostre. L’ultima, intitolata “CiTiEs”, è allestita sino al 24 gennaio 2015 nelle sale di SPAZIOTINDACI di Via Dante 17/19 nel centro storico di Padova. E’ curata da Carlotta Vazzoler mentre la direzione artistica porta la firma di Diletta Biondani.

“Sì, se non avessi a disposizione la soffitta di casa, dove deporre i pezzi via via smontati da altri oggetti in disuso, tutto sarebbe stato più difficile. Anche solo per una questione di praticità”, confessa Boato mentre ci illustra i suoi lavori: il ciclo “Cities”, cuore pulsante della rassegna, le “Contaminazioni pop” (“immagini tratte dal mondo reale ma rielaborate e manipolate sino a diventare semplici forme”) e la serie degli “Arazzi” dove l’uso del colore è “senza ripensamenti” anche perché gli smalti al nitro usati mai lo permetterebbero. 

L’artista recupera, trasforma, dà una nuova vocazione e nuovi usi agli “scarti” contemporanei, persino a pezzi di parket o scatole di legno una volta usate per imballare le bottiglie di vino. Non importa: la trasformazione (anche delle immagini o delle iconografie contemporanee come la bottiglietta in vetro della Coca Cola) è solo un punto di partenza. Poi il colore e il tocco espressionista fanno il resto. 

Sì ma cosa c’entra “Metropolis” di Lang? Il fatto è che le “città” dell’artista veneziano, protagoniste di precedenti esposizioni a tema, sembrano prive di umanità, scenari postapocalitici o metropoli – appunto – destinate al declino tecnologico o attraversate dalla morte urbana. Lang lo aveva “predetto” nel 1927 e tanta cinematografia di questi ultimi anni ne ha seguito le orme quasi un secolo dopo. Eppure la “base di partenza” di “CiTiEs” è anche tecnologica: pezzi di vecchi personal computer “sezionati” e recuperati, ad esempio. Il risultato? “Assemblaggi” anologhi a quelli di Robert Rauschenberg, maestro dell’espressionismo (come Lang) ma vicino alla pop art (come Boato), dove il “digitale” scompare e ricompare sotto una nuova veste. 

I riferimenti o i tributi ai maestri dell'arte non spaventano l'artista veneziano: “Siamo tutti figli di qualcuno, di qualche idea e di ogni innovazione. C’è una continuità nella storia del pensiero e nell’ingegno artistico. Perché privarsene o dimenticarsene?”. Ma forse l’accostamento più interessante - lo stesso Boato lo annovera tra i suoi "padri" ispiratori - è con le avanguardie Novecentesche, Marcel Duchamp in testa. L'amato Duchamp. Tra altri, certo. Con la saggia umiltà di un "esploratore" di nuove, possibili, rotte del dipingere e del creare.  
Stefano Boato 

Una cosa è certa. A Padova Boato "mette in scena" e in gioco tutto se stesso in una sorta di "antologica" della sua ricerca dentro cui il visitatore compie un viaggio a partire dagli anni Novanta ad oggi. Immagini e forme che la sezione "Contaminazioni pop", ad esempio, congela sulla tela "attraverso una rete di linee distanziandole dallo spettatore attraverso un effetto ottico" particolare e unico. Niente di cerebrale o costruito. 

L'atelier di Boato è quanto di più semplice e aperto al confronto possa esserci: "Sono contento - dice - che ogni persona che vede le mie opere aggiunga valore e valori alle mie singole creazioni. Nulla di ideologico". La sensazione finale è di un ponte tra la ricerca e la manualità dell'autore e le tante, diverse, sensibilità di chi guarda le varie tavole esposte.

Un po' come davanti ad uno schermo cinematografico: colori, forme, linee, immagini, materiali... L'arte e la vita che si scambiano le parti in un dialogo ideale. "CiTiEs" ti invita a percorrere, anche solo per qualche minuto, strade nuove o diverse. La mostra è stata resa possibile dalla partnership, tra le altre, con l'Associazione nazionale le Donne del Vino (delegazione del Veneto) e Lacs (Nuove tecnologie si fanno strada).         
                                                                                                 Daniele Vaninetti

Stefano Boato
"CiTiEs"
Sino al 24 gennaio 2015
SPAZIOTINDACI
Via Dante 17/19 Padova
Tel. + 39 049 658586